domenica 22 dicembre 2013

Ian Rankin - Corpi nella nebbia

Oh, John Rebus!
Quanto mi era mancato!
Ma ne è valsa la pena, ché lo so che Rankin non mi delude mai e infatti.
E' invecchiato, Rebus, è in pensione e cerca di limitare birra, single malt e sigarette mentre passa il tempo all'ufficio dei casi irrisolti e aspetta di poter, grazie all'innalzamento dell'età della pensione, rientrare a Gayfield Square, dove Siobhan sta facendo carriera e tutto si è modernizzato.
Rebus invece è sempre lo stesso Rebus, che stuzzica Big Ger Cafferty, che guarda diretto negli occhi le persone, fedele a Edimburgo e ai suoi pub, ai vecchi 33 giri e al suo modo di lavorare sollevando "un gran polverone, poi studiava l'effetto che faceva e verificava se nel frattempo era emerso qualcosa". Metodo avversato e antiquato, forse, ma che anche questa volta dà i suoi frutti, nelle lande desolate delle Highlands, dove John, seguendo una richiesta d'aiuto che si rivelerà tutt'altro, riesce a far riaprire vecchi casi di ragazze scomparse nel nulla apparentemente scollegati e invece con un unico colpevole.
E sulla scia di un'unica canzone.
Che poi è anche il fascino dei libri di Rankin: la colonna sonora, che avvolge
la storia a partire dal titolo: un peccato che per la versione italiana si sia scelto di ricorrere invece alla solita "nebbia", che non c'entra (quasi) niente, che smorza un pochino il filo conduttore del libro e che comincia a costrigermi, prima di comprare, a leggere tutta la trama per evitare di ritrovarmi tra le mani la delusione di un doppione.

Standing in Another Man's Grave
"Significa che avevo ragione su quella maledetta canzone"

domenica 8 dicembre 2013

Stephanie Barron - Jane e il mistero del Reverendo

Ammetto che ci sto prendendo gusto nell'iniziare una lettura storcendo il naso e ritrovarmi invece via via a ricredermi fino a terminarla con una certa soddisfazione, tanto più godibile proprio perchè inaspettata.
Suvvia: una ex collaboratrice della CIA che scrive un giallo con protagonista Jane Austen: non è incredibile e nello stesso tempo irresistibile?
Probabilmente avrei dovuto iniziare dal primo volume della serie ma sinceramente non sono stata a pensarci troppo - visto e preso - anche se è consigliabile recuperare l'introduzione al primo volume (Jane e la disgrazia di Lady Scargrave ) dove Barron spiega come è iniziato tutto, nella casa di famiglia a Baltimora di una coppia di suoi amici, imparentati alla lontana con la famiglia Austen, dove vengono alla luce i diari in cui la scrittrice racconta di come si sia ritrovata alle prese di alcuni misteri da lei poi brillantemente risolti; diari che vengono restaurati e affidati a Barron, che ne diventa la curatrice, per la sua competenza e il suo interesse per le "detective fiction".
Jane e il mistero del Reverendo è la seconda avventura di Jane che, in vacanza con i genitori per qualche mese, nell'autunno del 1804, a Lyme Regis, nel Dorset, si ritrova coinvolta in traffici di contrabbando, un'esecuzione, un omicidio, fughe rocambolesche dalla Francia napoleonica ormai quasi allo sbando e una fugace passione per l'affascinante Mr. Sidmouth, che non è Mr. Darcy ma che, come fuorilegge, può permettersi qualche mossa (appena) più azzardata.
Al di là della trama che può essere, sempre per via della protagonista, un po' destabilizzante (però ho riso di fronte all'immagine di Jane che, nascostasi in una grotta, colpisce con il calcio di una pistola un omone armato salvando la situazione) è un libro costruito su basi storiche e geografiche solide, accurato e attento ai piccoli dettagli e al linguaggio, che si affida alle lettere e alle poche notizie esistenti per coprire (congetturare?) le lacune sulla vita della grande scrittrice (di cui vorremmo, noi austeniane innamorate, sapere ogni minimo dettaglio).
La scrittura di Barron attinge, a partire dall'incipit, a piene mani dai libri che (sempre noi austeniane innamorate) adoriamo e celebriamo, le note con cui puntualizza aneddoti o situazioni pervadono la lettura di credibilità e, personalmente, ho sorriso estasiata di fronte alla descrizione del Cobb di Lyme Regis mentre nella mia testa scorreva la scena della caduta di Louisa Musgrove in Persuasione.
Insomma ho scoperto un libro di cui forse, come detto in qualche recensione, non si sentiva il bisogno ma che mi è piaciuto moltissimo: non vedo l'ora di avere tra le mani tutti gli altri e godermi di nuovo, per un po', la mia cara Miss Jane Austen.

domenica 1 dicembre 2013

Jared Diamond - Il mondo fino a ieri

Spesso e volentieri sembra strano che si possa considerare un libro di antropologia culturale (o in generale un libro di saggistica) come una lettura d'evasione e di divertimento, si storce il naso o si ricorre subito alla spocchiosa (per me, almeno) etichetta "divulgazione scientifica".
Il fatto è che Diamond ha il pregio, pur affrontando tematiche abbastanza complesse, di esporre in maniera piacevolissima e chiara, e ha l'abilità di porsi al momento giusto proprio la domanda a cui si stava pensando, rendendo quindi partecipe il lettore: con i suoi saggi si arriva all'ultima pagina sempre troppo in fretta (nonostante non si tratti quasi mai di librini sottili) ma ricchi di domande e abbozzi di risposte in più e guardando con occhi diversi le mille sfumature intorno a noi.
Sulla scia di Armi, acciaio e malattie (il primo libro dello studioso che mi ha fatto innamorare) ne Il mondo fino a ieri Diamond riprende gli studi sulle tribù e i gruppi tradizionali (i pochi rimasti) per porli questa volta a confronto con la nostra società moderna mettendo in luce sia i vantaggi di quest'ultima, che rimane il miglior risultato ottenuto dal progresso dell'uomo, sia alcuni modi di vivere e pensare di cui invece potremmo fare (o rifare) tesoro.
Ovviamente le società tradizionali devono affrontare bisogni e problemi differenti dai nostri, oltre che in relazione ad un gruppo ristretto di persone, quindi certe usanze possono davvero essere ben viste come atroci o sconvenienti, almeno finchè la voce pacata di Diamond non ci fa notare un altro punto di vista, ma altre fanno davvero riflettere, al di là della possibilità o meno di poterle concretamente utilizzare.
Per "distorsione professionale" ho adorato le pagine sullo Stato e sull' uso legittimo ed esclusivo della forza, che forse (forse!) sono anche le più noiose e intricate, ma le pagine davvero interessanti sono state quelle che affrontano il trattamento degli anziani e dei bambini, la paura, le malattie, la maternità; il quotidiano, insomma, i luoghi comuni su cui ci siamo magari solo soffermati con superficialità o magari per niente, come il pericolo di viaggiare in macchina contro quello di una centrale nucleare o l'evoluzione e le abitudini alimentari contro lo stile di vita.
L'edizione Einaudi vale al solito il prezzo pieno, se non altro per avere una scusa
per abusare, al posto della matita, di quei piccoli provocanti post-it.